Regista de: LA DONNA CHE INVENTÒ LA DIVA (1968)
Francesca Bertini (1892-1985) appare per la prima volta, lungamente, in TV in uno speciale “Almanacco” RAI del 1968 di Maria Grazia Giovanelli. Entra in scena “muta”: “Non sono abituata”, dice a chi in campo le sistema il microfono. Naïveté o maliziosa scelta registica? Un’intervista densa che sul binario dell’ingenuo e del formale restituisce un ritratto ricco e intenso della Diva per antonomasia, ricostruendone la carriera con le sue stesse parole, dall’esordio ragazzina nel Trovatore(eccettuati i 150 metri di La dea del mare), quando “nulla sapeva del cinema”, fino all’apice del 1920: “guadagnavo tre milioni all’anno”, un record per l’epoca.
Presentato nell’ambito della Mostra del cinema di Venezia del 1968, il film passa subito in TV una sola volta, poi in pellicola in concorso alla nona edizione del “Premio dei Colli per l’inchiesta filmata” di Este (Padova). Lì ritrovato dall’associazione La Medusa e restaurato, ora donato a Cinemazero in nome dell’attività festivaliera di Le voci dell’Inchiesta, torna in vita per il pubblico. Infatti, eccetto qualche spezzone apparso nel 1969 in TV come inserto in un brillante duetto Bertini/Lelio Luttazzi (Francesca Bertini: ieri e oggi), il film nella sua versione completa sparisce dalle antenne. E, al di là di qualche cammeo, la Bertini anche: per rivederla “dietro alle quinte” ci vorrà il monumentale L’ultima diva (1982) di Gianfranco Mingozzi.
“Televisione vérité, presa all’impronta”, si diceva all’epoca: la parte più interessante di questo lavoro della Giovanelli sono proprio le riprese “libere” negli interstizi fra le interviste, che rivelano la forza attoriale della Bertini. Comanda, recita, controlla le riprese: “Faccia vedere, non sono ancora diventata una balena”, grida. Ora, ritratta da più camere, fra le usuali quinte del Grand Hotel – sua “casa” romana –, non lesina i ricordi: il successo di Assunta Spina e molto altro. La morte diFedora, il suo film preferito, è l’acme della sua carriera: “La Duse ne venne così colpita che mi volle conoscere subito.” Rivendica il suo ruolo nella storia del cinema: “Avevo il cinema dentro, avevo creato un tifo cinematografico, ho inventato l’abbigliamento cinematografico”, dice. Dettaglia il noto rifiuto al contratto hollywoodiano, per voler fare la moglie, prima di tutto. Ecco che allora si lamenta: “Non mi faccia però parlare troppo”, ma poi pretende che anche l’intervistatrice reciti: si mette in posa e attende il ciak, magnificamente teatrale. Riafferma la “legge bertiniana”, come da lei definita: sul set si fa solo quello che lei desidera.
L’intervista è intervallata da alcune estratti dei suoi film e del deliziosamente ironico Una giornata di Francesca Bertini(Bertini Film/Caesar Film).
Il resto non conta è il titolo della sua autobiografia del 1969 (anni, evidentemente, in cui sentiva l’urgenza del racconto di sé). Al contrario, qui conta proprio “il resto” – il fuori intervista, l’apparire demiurga della scena – che testimonia anche in questa chicca televisiva la sua grande forza espressiva.
Riccardo Costantini
da: Cinemazero, Pordenone